L’idea di fondo del progetto “Future Classroom”, finanziato dalla Fondazione di Sardegna, parte dal presupposto che lo studio è parte fondamentale della nostra vita per consentirci di affrontare il mondo in continua evoluzione: si può ormai apprendere in qualsiasi luogo ed in qualsiasi momento, ma ancora esiste uno spazio legittimato alla conoscenza, la scuola. Le sue peculiari caratteristiche fisico-spaziali svolgono indubbiamente un ruolo rilevante, per alcuni fondamentale, nel condizionare sia la relazione di insegnamento-apprendimento che il futuro sviluppo psicologico e comportamentale degli allievi.
Studi sociologici e pedagogici sono giunti alla conclusione che l’ambiente dell’apprendimento incide per l’80% sul benessere e sul rendimento degli allievi e sulla motivazione dei docenti. Le analisi più recenti sulla disposizione dei banchi e degli arredi nelle classi, hanno evidenziato la necessità di una scelta di “setting d’aula” più finalizzato e indirizzato alle diverse tipologie di attività didattiche che vengono svolte. Non sono più i tempi della sola ed esclusiva didattica frontale, in cui il docente spiega e gli alunni apprendono in modo passivo. Le mutate modalità di apprendimento hanno infatti mutato il ruolo dei docenti e degli studenti in classe e le dinamiche comunicative. Con l’introduzione di nuove metodologie e strategie legate anche all’utilizzo di nuovi strumenti didattici, l’aula si trasforma in un vero e proprio laboratorio multidisciplinare: non vi è più distinzione tra l’aula in cui si studia e l’aula in cui “si fa”. Si apprende facendo in un “ambiente operativo di apprendimento ideale” che inevitabilmente si lega anche ad una differente e flessibile distribuzione delle postazioni di lavoro e alla possi¬bilità di integrare i nuovi strumenti multimediali collegati in rete ad Internet come le lavagne interattive, i proiettori, i pc e i tablet, e dove lo studente è il soggetto centrale, attivo e non passivo, a cui è attribuito il compito significativo di acquisire competenze non strettamente legate alle discipline, ma trasversali e spendibili in situazioni di realtà.
Quella che viene chiamata scuola dell’ICT (Information and Communications Technology) richiede spazi ampi e flessibili, allestimenti modulari, polifunzionali e colorati, facilmente riconfigurabili, capaci di dare una soluzione alle nuove necessità funzionali e di comunicazione e in grado di rispondere a contesti educativi con riferimento ai bisogni del momento, potenzialmente sempre differenti. Questi nuovi ambienti più articolati, organizzati e strutturati, facilitano l’accompagnamento e i differenti tempi e ritmi di apprendimento individuale, consentendo anche l’esecuzione di attività sincrone diverse e favorendo quindi l’inclusione e la personalizzazione e, di conseguenza, un miglioramento della motivazione e della fiducia nelle proprie possibilità. Tale idea di aule-laboratorio, in cui il docente assume il ruolo di regista e facilitatore dell’apprendimento è confermato anche dalle Linee Guida del MIUR che propongono e prevedono “spazi modulari, facilmente riconfigurabili e in grado di rispondere a contesti educativi sempre diversi, ambienti plastici e flessibili, funzionali ai sistemi di insegnamento e apprendimento anche più avanzati”. In uno spazio così organizzato possono essere messe in atto metodologie di apprendimento alternative alla lezione frontale, rendendo lo spazio d’aula un ambiente fluido e modulabile a seconda della tipologia di attività da svolgere, in cui gli alunni diventano protagonisti anche grazie alle tecnologie informatiche e digitali e la rete internet utili ad incentivare la motivazione all’apprendimento e l’interesse, intervenendo inoltre sui punti di criticità per recuperare, consolidare e potenziare abilità e competenze. Nell’anno scolastico in corso è stata presentata una nuova proposta progettuale per la creazione di altre due aule modulari.